Tra i raggi solari che arrivano fino a noi, perché non completamente schermati dall'atmosfera, quelli responsabili delle scottature sono gli ultravioletti A e B, i cosiddetti raggi Uva e Uvb. I più energetici, gli Uvb, danneggiano le cellule più superficiali della pelle, che sono sacrificate per evitare danni maggiori. Il risultato è l'insieme di sintomi che definiamo eritema solare: infiammazione, gonfiore, dolore, bolle.
Meno visibile il danno provocato dagli Uva, più deboli ma superiori in quantità tanto da veicolare 20 volte più energia, che cedono alle cellule dell'epidermide, formando sostanze analoghe ai radicali liberi che aggrediscono e alterano le molecole della pelle. Sono danni meno evidenti, di cui spesso ci dimentichiamo, eppure il rapporto tra esposizione al sole e tumori cutanei è chiarissimo, particolarmente per chi è stato esposto al sole in età giovanile, tanto è vero che il numero più alto di tumori cutanei si verifica nelle parti del corpo più esposte come il volto.
I filtri possono funzionare come filtri chimici, assorbendo le radiazioni Uv per proteggere la pelle. O come schermi meccanici che le riflettono, facendo da ombrello, come i prodotti a base di ossido di zinco o biossido di titanio, originariamente poco graditi perché opachi, anche se si è trovato il modo di micronizzare queste sostanze rendendole trasparenti.
Per questo molti prodotti propongono una combinazione tra i due tipi di filtro. Il fattore di protezione indicato sulla confezione (Spf) precisa la dose minima eritematogena, e si riferisce solo ai raggi Uvb. Ci sono anche solari che garantiscono una certa protezione, «per quanto non quantificabile esattamente anche contro i raggi Uva. I principi attivi più nuovi sono il Mexoryl e l'Helioplex, un procedimento registrato per rendere più stabile ed efficace una sostanza comunemente usata nei solari, l'avobenzone. Più alta meglio è? Sopra il 30 un aumento di fattore non indica una protezione proporzionalmente più alta. In realtà un fattore di protezione 60 protegge per il 97 per cento e un 20 per il 94, la differenza non è quindi così grande.
Diversi studi mostrano che la quantità di prodotto usata in realtà durante l'esposizione al sole è dal 20 al 40 per cento inferiore a quella su cui si basano i test di laboratorio. Senza contare che sudore, bagni e la frizione dell'asciugamano tendono a eliminare il prodotto.
La dose adeguata per proteggere l'intero corpo non è inferiore a due cucchiai da tavola, e il prodotto andrebbe appliacato ogni due ore, anche più spesso se si fa il bagno o si suda molto.
Si dovrebbe spalmare il corpo nudo prima di indossare il costume. Senza trascurare l'attaccatura dei capelli, le orecchie, e attendere 20-30 minuti prima di esporsi al sole. E non dimenticare un prodotto apposito per le labbra. I momenti a rischio? Quando il sole è verticale, d'estate e nelle ore intorno al mezzogiorno, o in quota ove la schermatura dell'atmosfera è minore.
Dobbiamo riscoprire l'antica tradizione di coprirsi. Vale soprattutto per i bambini: sotto i quattro anni non dovrebbero essere usate creme, ma magliette, occhiali e cappelli. Negli Stati uniti e in nord Europa sono in vendita costumi da bagno e tutine da mare coprenti per adulti e bambini con protezione solare incorporata.
Pensiamo di abbronzarci solo quando ci sdraiamo al sole. Invece il sole ci raggiunge anche in barca o a passeggio, e anche quando il cielo è coperto: le nuvole schermano solo il 10 per cento delle radiazioni. Il problema è che iídentifichiamo il rischio sole col calore, che invece è provocato dai raggi infrarossi che possono dilatare le vene, peggiorando ad esempio la couperose, ma non bruciano.
Le persone si sentono meglio quando sono abbronzate. È quanto emerso da alcuni studi di marketing. Il mercato dell'abbronzatura in solarium rappresenta molti miliardi di euro e attira ogni giorno molti milioni di Europei. Ovviamente, i critici dell'abbronzatura in solarium parlano dei rischi che implicano le overdose di esposizione all'irraggiamento UV. Cancro alla pelle, danni agli occhi, rughe e invecchiamento prematuro della pelle sono alcune delle ragioni per le quali si raccomanda, con efficaci campagne pubblicitarie, l'applicazione di creme solari. Molti medici, che si basano su nuove ricerche scientifiche, non condannano più l'abbronzatura occasionale in solarium ma la consigliano.
L'irraggiamento UV emesso dalla luce del sole e dalle lampade abbronzanti stimola la produzione di vitamina D. Senza la vitamina D, il cui assorbimento dipende quasi interamente dal sole, le nostre ossa non "riceverebbero" il calcio di cui hanno bisogno per rafforzarsi. Benché la vitamina D si trovi naturalmente in certi alimenti, quali tonno, salmone e alcuni latticini, è purtroppo molto carente nel sangue. Apporti supplementari di vitamina D, come quelli derivanti dall'esposizione agli UV, potrebbero aiutare a combattere patologie quali: osteoporosi, ipertensione, diabete, sclerosi, reumatismi articolari e i rischi, soprattutto su 13 tipi di cancro (esofago, stomaco, colon, retto, ovaie, prostata, utero, seno, sangue, vescica, vescicola biliare e reni).
Per ottenere un livello sufficiente di vitamina D nel corpo, i complementi alimentari non sembrano essere la soluzione migliore. |