Un parallelo calza a pennello: siamo nella stessa situazione dei cardiologi agli albori dell'era colesterolo.
Che alti livelli di questo lipide nel sangue fossero una spia fondamentale del rischio cardiovascolare era chiaro. Ma la traduzione di queste evidenze in una prevenzione con garanzie di certezza è stata lunga e impegnativa e continua a essere aggiornata. In attesa del testosterone, ci sono altri parametri su cui si può, da subito, focalizzare con successo l'attenzione. Uno su tutti, i livelli di zucchero nel sangue (glicemia). Soprattutto nelle donne prima della menopausa, una glicemia a digiuno costantemente vicina al massimo (oggi il limite da non superare è stato ridotto a 100 mg/dl, da 110 che era) risulta fortemente associata a un aumento del rischio di tumore del seno. Dopo la menopausa, invece, il rischio aumenta se, oltre a una glicemia vicina ai livelli di guardia, ci sono anche chili in più (dal sovrappeso all'obesità).
Ridurre una glicemia alta, ma ancora nei limiti, è un traguardo alla portata di tutti. Il cardine, guarda caso, sta nello stile di vita: alimentare e di abitudini. Molta verdura e frutta, più cereali integrali, pochi grassi saturi (burro, strutto, panna eccetera) e pochi zuccheri semplici (pane bianco, dolciumi, zucchero raffinato), niente fumo, poco alcol e attività fisica anche moderata, ma costante, sono le chiavi della prevenzione.
E che questo messaggio non sia banale sta nel fatto stesso che quest'unica strategia è in grado di prevenire, o quanto meno allontanare nel tempo, tutte le principali malattie di una società che vive sempre di più: cardiovascolari, neurodegenerative e, ora, tumorali. Insomma, un cattivo stile di vita espone tutti agli stessi fattori di rischio, ma ogni organismo reagisce sviluppando malattie diverse.
Anche il tumore, come qualunque altro tessuto, si sviluppa grazie alle sue cellule staminali. Non tutte le cellule sono uguali in un tumore. Oggi si calcola che il 5% circa sia fatto proprio di cellule staminali specifiche, insensibili alle terapie. Si comporterebbero come quinte colonne dormienti, col compito di attivarsi per stimolare le ricadute di malattia, dopo le terapie standard. Per ora, tramite alcune proteine, sono state individuate cellule staminali nel tumore cerebrale, del colon retto, prostatico, pancreatico, nei carcinomi mammari e nelle neoplasie di testa e collo dell'utero. Tocca ora alla biologia molecolare disegnare farmaci "mirati". I primi tentativi già ci sarebbero, diretti sul tumore del pancreas.
Per proteggere il seno bisogna stare attente anche a quello che si mangia: non solo perché il sovrappeso e l'obesità sono noti fattori di rischio, ma anche perché un eccesso nel consumo di carni rosse e un insufficiente apporto di vegetali freschi possono favorire l'insorgenza del tumore.
Lo ha appena confermato un grande studio pubblicato sul Journal of the National Cancerlnstitute statunitense, nel quale sono state analizzate le abitudini alimentari di 188 mila donne seguite per quattro anni. Alla fine è emerso che coloro che traevano il 40% delle calorie giornaliere dai grassi avevano un aumento di rischio del 15% rispetto alle donne che ricavavano dai grassi un quinto delle calorie. Del resto, che la prevenzione, alimentare e non solo, giochi un ruolo fondamentale si vede anche dal confronto tra gli ultimi dati americani e quelli europei: al di là dell'Atlantico, dove gli screening sono condotti in modo più capillare, dove il fumo sta scomparendo e dove, dal 2003, si è avuta una drastica riduzione del numero di donne che assumono ormoni per contrastare la menopausa, si è registrato un significativo calo della mortalità (quasi il dieci% in meno dal 2003), mentre nel vecchio continente nell'ultimo biennio ci sono stati oltre duemila decessi in più rispetto agli anni precedenti, e un aumento di incidenza del 16%. |